Al momento il cambiamento, ai distributori sparsi lungo la penisola, si è visto molto poco, con cali poco considerevoli del carburante, ma sui mercati internazionali il tonfo è stato pesante: il prezzo del barile di greggio continua a sprofondare e si pensa quindi a un taglio consistente della produzione.
Nelle scorse ore, infatti, il costo del barile ha aggiornato i minimi dal 2017 per via dell’improvvisa impennata della produzione dei mercati emergenti ma anche per le prospettive economiche negative per il prossimo anno.
Nello specifico, i future sul greggio statunitense West Texas Intermediate (WTI) sono crollati del 2,3%, a $ 53,38 al barile dopo aver toccato un minimo di $ 52,82, solo 5 centesimi rispetto al livello di $ 52,77 raggiunto martedì, che era il più basso da ottobre 2017. Male anche i future sul Brent scesi fino ai minimo da dicembre 2017 a 61,52 dollari al barile, per poi risalire a 62,13 dollari.
Dinanzi a questo scenario, l’Arabia Saudita e gli altri Paesi dell’Opec stanno valutando «un taglio alla produzione che non sembri un taglio alla produzione», come fa sapere il Wall Street Journal.
L’OPEC attualmente produce 33,3 milioni di barili al giorno, di cui i tre quarti vengono esportati, perlopiù in Asia ed Europa. Proprio il valore delle esportazioni risulterebbe crollato con il tonfo delle quotazioni di queste settimane.