Quando fare vertenza al datore di lavoro
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Quando fare vertenza al datore di lavoro alla luce delle nuove norme sulla tutela dei lavoratori.

Certo i rapporti di lavoro sono profondamente cambiati negli ultimi decenni, e non sempre in maniera positiva per i lavoratori stessi. Non è un mistero che tutte le garanzie, le tutele e le guarentigie riservate al lavoratore siano andate progressivamente affievolendosi, anche per una concezione più moderna e dinamica del lavoro stesso.

Ma la modernità e il dinamismo, l’intercambiabilità dei lavori, non devono andare a scapito della categoria che tradizionalmente e tutt’ora è sempre la più debole. Tanto è vero che, a cominciare dallo Statuto dei Lavoratori, ma forse anche prima, tutta la normativa sul lavoro teneva conto del fatto che la controparte più debole nel rapporto fra lavoratore e datore, è sempre e comunque il lavoratore.

Questo in funzione di alcune armi che il datore di lavoro, in forza del ruolo, poteva e può esercitare anche in maniera costrittiva e coercitiva. Valga per tutte quella della minaccia del licenziamento, dei provvedimenti disciplinari e così via. Insomma, io ti do i soldi e tu devi fare una serie di cose secondo le disposizioni impartite e nel migliore dei modi. Il che, in senso astratto, è anche giusto; ma, come noto, l’arbitrio è sempre dietro l’angolo, e di datori di lavoro che hanno fatto un uso abbondante del sistema dell’arbitrio se ne contano a milioni.

Certo, ci sono i sindacati a proteggere il lavoratore dagli arbitri, ma non sempre si ha la voglia o la possibilità di iscriversi a un sindacato; anche perché dai famosi contratti a tempo indeterminato si è passati nel corso del tempo alla prevalenza dei contratti a tempo determinato, dove non solo viene affievolita la possibilità di far valere il diritto per il lavoratore, ma a volte anche il sindacato svolge un ruolo marginale, se non inesistente.

Quando fare vertenza al datore di lavoro

quando fare vertenza al datore di lavoro

È evidente che se si stipula un contratto di lavoro a tempo, di sei mesi in sei mesi, ammesso che poi lo rinnovino, non si può pretendere l’iscrizione al sindacato. Sarebbe precario il lavoro, ma precaria anche l’iscrizione al sindacato. Ecco che allora si pone il problema, non indifferente, della tutela del lavoratore a fronte delle nuove normative, dei nuovi sistemi di assunzione, delle nuove tipologie di contratti, soprattutto a termine, che hanno bisogno di guarentigie particolari. Quando si può fare quindi vertenza al datore di lavoro?

Vediamo di individuare alcuni casi per i quali è possibile proporre vertenza con l’ausilio del sindacato.

Intanto per uno dei casi più ricorrenti, vale a dire anomalie che riguardano la retribuzione. Mancati pagamenti, calcoli non corretti della retribuzione, ritardi, la richiesta illegittima di rinunce a determinati diritti che comportano retribuzione, ma vediamo in linea di massima quando fare vertenza al datore di lavoro:

In caso di anomalie riguardanti le ferie e i permessi, magari il mancato godimento del giusto diritto alle ferie.

Il mancato godimento di indennità che si riferiscono a casi di malattia o infortunio. Nel caso di mancato percepimento delle indennità relative ad astensione obbligatoria o facoltativa per maternità.

Nel caso di anomalie riguardanti le ore di lavoro straordinario, magari effettuate e per le quali non viene corrisposto il relativo compenso.

Nel caso in cui il lavoratore sia stato licenziato senza preavviso e non ha avuto l’indennità sostitutiva.

Nel caso in cui il lavoratore non ha percepito il trattamento di fine rapporto di lavoro.

In questi casi il lavoratore deve rivolgersi al sindacato di categoria, il quale si rivolgerà al datore di lavoro per promuovere il rispetto del diritto reclamato dal lavoratore stesso. Il sindacato, quindi, convoca il lavoratore presso l’ufficio del lavoro competente per eventualmente promuovere il tentativo di conciliazione della controversia.

In caso di esito positivo della conciliazione, si redige un verbale scritto con i contenuti dell’accordo. Nel caso in cui non si raggiunga l’accordo, si può promuovere la via giudiziaria in senso stretto, dando mandato a un avvocato di fiducia dl sindacato stesso.

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