Mobbing sul lavoro: come provarlo e a chi rivolgersi in caso di bisogno? Qualche consiglio per tutelarsi.
Attenzione, le modalità di sfruttamento del lavoratore e le maniere per perseguitarlo si sono affinate nel corso degli anni. Si tende spesso a mettere il lavoratore in condizione tale di rifiutare egli stesso di lavorare o comunque svolgere i propri compiti in maniera corretta e compiuta.
Non si tratta più di voglia di lavorare da mettere alla prova, si tratta di creare le condizioni affinché la voglia di lavorare venga meno, ma in maniera subdola, sottile, finemente coercitiva, giocando su modalità, azioni, comportamenti che incidono in maniera importante, se non determinante, sulla psiche del prestatore di lavoro.
Il rapporto di lavoro fatto di prestazioni da una parte e di paga dall’altra, di mancate prestazioni e di sanzioni, si è andato evolvendo, e non sempre positivamente, su strade del tutto nuove che non possono non essere tenute nella debita considerazione quando si tratta di tutela dei diritti di chi lavora.
Se a ciò si aggiunge che le tipologie stesse dei contratti sono cambiate in maniera forte e sostanziale, ci si rende conto che siamo di fronte a un quadro nuovo, totalmente diverso da quello di solo qualche decennio fa. È quasi sparito il cosiddetto posto fisso; siamo entrati nell’universo nebuloso dei contratti a termine, con le conseguenze di precarietà e di insicurezza che tutti ben conosciamo.
Ed è evidente che, se i contratti diventano più stringati nel tempo, diventano molto minori anche le tutele dei lavoratori, sebbene il legislatore si affanni anche quotidianamente a ricercare maggiori tutele per i lavoratori stessi. Ma non è facile, perché i controlli o non ci sono o sono estremamente carenti, ed è evidente che la precarietà contrattuale costituisce una sorta di spada di Damocle sulla testa di chi lavora: o fai così, o non ti rinnovo il contratto.
Tuttavia, di là della tipologia del contratto, del tipo di prestazioni e anche delle normative differenziate che regolano il mercato del lavoro, un parolone spaventoso si è fatto strada di recente: mobbing. Ma cos’è questo mobbing?
Mobbing sul lavoro le prove e la tutela
Con un termine italiano potremmo definirlo vessazione, ma ciò non renderebbe l’idea, perché il significato è più sottile e articolato. Si tratta di un comportamento o, più spesso, di una serie di comportamenti sia di natura concreta sia psicologica adottati dal datore di lavoro o chi per lui: coercitivi, aggressivi, financo persecutori, tesi a ledere la dignità del lavoratore. E questi comportamenti possono essere messi in atto non solo dal datore di lavoro o dai capi, ma anche addirittura da colleghi e collaboratori della vittima.
Il fenomeno ovviamente è diffuso in tutto il globo, ma come può il lavoratore difendersi da questi attacchi vili? In caso di mobbing sul lavoro, a chi rivolgersi in caso di bisogno? Ai sindacati, innanzitutto, che analizzeranno la questione e cercheranno, per quanto possibile, di aiutare il lavoratore stesso a rimuovere cause ed effetti del mobbing. Ma ci si può recare anche presso gli uffici comunali competenti, o cercare in rete lo sportello anti mobbing più vicino.
Non è esclusa nemmeno la possibilità di rivolgersi subito a un avvocato, bypassando gli altri step, esponendo la propria condizione e chiedendo al legare di fare una valutazione di fondo, se del caso verificando se si possono rintracciare anche aspetti penalmente rilevanti nell’attività di mobbing. Al giudice si potrà chiedere la cessazione del comportamento vessatorio, con ogni conseguenza, diretta e indiretta; e si potrà chiedere, se ne esistono le condizioni, anche un risarcimento del danno, anche quello di natura strettamente psicologica che il lavoratore ha patito.
Certo, la dimostrazione del danno non è facile, ma l’azione giudiziaria può avere un effetto importante sulla cessazione di ogni comportamento di mobbing attuato ai danni del lavoratore.