Infortunio sul lavoro, chi paga?
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Infortunio sul lavoro, chi paga? Ecco che cosa dicono le ultime normative.

Gli infortuni sono da sempre uno dei crucci del nostro sistema lavoro. Il Presidente Napolitano ha condotto anche delle dure battaglie contro le migliaia di incidenti che funestano ogni anno la regolare attività lavorativa.

E sembrava che per un certo periodo di tempo si fosse presa coscienza dell’importanza del problema, con una certa diminuzione degli incidenti registrata nel tempo. Ma, in effetti, gli infortuni sul lavoro sono un po’ come i cosiddetti “femminicidi”: più si fanno leggi per cercare di evitarli, e più aumentano i casi.

Per cui quella che manca, in fondo, è la presa di coscienza del problema della sicurezza sul lavoro. Tra l’altro, in un ambito di precarietà del lavoro stesso, con le difficoltà economiche che caratterizzano il Paese negli ultimi anni, si tende a risparmiare sempre più, a non investire sulla sicurezza stessa del lavoratore, aspetto che dovrebbe essere preminente.

Ecco che quindi appaiono e proliferano società, regolari e irregolari, nelle quali l’ultimo dei problemi pare essere proprio questo. Dopo di che, ormai quasi quotidianamente, la sera sui telegiornali si sente di questo o quell’incidente più o meno grave. E molte volte, come noto, questi incidenti sono mortali. L’incuria, l’approssimazione, il non rispetto delle regole da parte del datore di lavoro, portano a situazioni estreme.

Il non rispetto delle regole pare essere la normalità, o comunque qualcosa su cui si può passar sopra con una certa tranquillità. Comunque, e qui è l’altra faccia della medaglia, la legislazione italiana in tema di infortunio sul lavoro è abbastanza articolata e stringente. Tutto sta ad applicarla; perché, come si sa, in Italia il problema non è fare altre leggi (ce ne sono tantissime, troppe); il problema è farle rispettare.

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Non si fa in tempo ad approvare una legge, che già se ne chiede a gran voce un’altra, anche prima che la prima venga applicata. Fantastico. In questo siamo bravissimi. Meno riforme e più applicazione, quindi, anche in materia di infortuni. Ma veniamo a vedere cosa succede proprio in base alle ultime normative, alle ultime regole che normano la materia degli infortuni sul lavoro.

Cominciamo col dire che ultimamente in giro c’è molto fermento, perché pare non si sappia più con sufficiente certezza chi paghi in caso di infortunio sula lavoro. I dati ci dicono che nei primi nove mesi del 2017 ci sono state circa 472.000 denunce di incidenti e addirittura, udite udite, 769 morti da infortunio. L’infortunio sul lavoro è un incidente che avviene per causa violenta in occasione di lavoro, dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni.

In caso di incidente, il lavoratore deve avvisare nel più breve tempo possibile gli organismi preposti dell’azienda. Il lavoratore deve recarsi o essere trasportato al Pronto Soccorso, dove ci saranno le prime cure e verrà redatto e consegnato il certificato medico da portare al datore di lavoro. Il datore di lavoro, dovrà prontamente inviare il certificato all’Inail.

Se il datore non trasmette all’Inail il certificato entro due giorni dalla ricezione, può essere multato con una corposa sanzione amministrativa che va da 1.290 a 7.745 euro. Per i primi tre giorni il lavoratore ha diritto allo stipendio; per i giorni successivi interviene l’Inail.

Nel giorno dell’infortunio il lavoratore percepirà il 100% della retribuzione. Nei tre giorni successivi percepirà invece il 60% della retribuzione. Successivamente ai tre giorni, fino al novantesimo giorno, sarà erogata un’indennità dall’Inail pari al 60% della retribuzione; successivamente sarà invece del 75% come da normativa vigente.

Questi parametri però possono anche variare in base al contratto di lavoro. In alcuni casi, infatti, il datore di lavoro può integrare l’indennità corrisposta dall’Inail fino ad arrivare al 100% della retribuzione.

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